Etimologia
Karate - "arte della mano vuota"
Kara significa aperto, spazio prodotto da un certo lavoro, spazio vuoto, immagine del vuoto. Te è la rappresentazione di una mano vista di mezzo profilo, ma è anche il fonema di attività, di tecnica e di arte. La parola giapponese kara-te, nel complesso, si compone di vuoto e mano, non il vuoto in sé, ma in relazione ad un lavoro, ad un'attività, cioè mettersi all'opera per fare il vuoto. Il termine zen ku, che indica il vuoto dell'anima, può essere pronunciato anche "kara".
Questi concetti suggeriscono che il praticante di Karate dovrebbe allenare la propria mente affinché sia sgombra, vuota da pensieri di orgoglio, vanità, paura, desiderio di sopraffazione; dovrebbe aspirare a svuotare il cuore e la mente da tutto ciò che provoca preoccupazioni, non solo durante la pratica marziale, ma anche nella vita. Si può quindi riassumere che il karate è un'arte; una disciplina che si applica a mani nude, di origine giapponese e che rafforza il corpo e lo spirito.
"Come la superficie di uno specchio riflette qualunque cosa le stia davanti, così il karateka deve rendere vuota la sua mente da egoismo e debolezze, nello sforzo di reagire adeguatamente a tutto ciò che potrebbe incontrare." G. Funakoshi
Storicamente ad Okinawa, patria di quest'arte marziale, pur essendo in uso l'accezione Karate, più spesso si adoperavano altre parole: te o bushi no te (mano di guerriero).
Nagashige Hanagusuku, maestro di Okinawa, usò il carattere giapponese per "mano vuota" nell'agosto del 1905. Ciò richiama anche il fatto che questa forma di autodifesa non fa necessariamente uso di armi.